5 riflessioni sull’Equity Crowdfunding in Italia
Dall’analisi di 200 campagne di raccolta sui principali portali di Equity Crowdfunding in Italia 5 brevi riflessioni su uno strumento di finanziamento sempre più interessante sia per le startup che per gli investitori.
1) Uno strumento che ispira fiducia
Le campagne di Equity Crowdfunding stanno riscuotendo un crescente successo in Italia. L’aumento dell’offerta, dei portali specializzati e una normativa più flessibile ed incentivante hanno fatto sì che un numero crescente di imprese possa raccogliere capitale attraverso questo canale.
Il tasso di successo delle campagne di Equity Crowdfunding nel periodo 2018-2019 è stato dell’85% ed ancor più significativo, è il numero di campagne che non solo ha raggiunto il minimo di raccolta stabilito, ma l’ha superato, il 56% di esse ha raccolto un capitale doppio o superiore rispetto all’obiettivo minimo.
Si presentano quindi opportunità concrete per le imprese innovative in cerca di capitali per lo sviluppo del proprio business.
Bisogna comunque ricordare che in questi anni gli investitori sono stati incentivati anche dal beneficio fiscale sugli investimenti in start-up e PMI innovative, che rappresentano la grande maggioranza delle aziende che attivano campagne sui portali di Equity Crowdfunding.
2) Trasparenza e familiarità con i dati economici
Sempre più startup adottano un approccio strutturato alla raccolta di capitali, basato non soltanto sull’originalità e sulla comunicazione dell’idea imprenditoriale, ma anche su solide prospettive di riuscita economico-finanziaria del progetto.
Inoltre, è maggiore l’attenzione sulla redazione e presentazione del Business Plan aziendale e sui documenti di Pitch, condivisi al pubblico sui portali e disponibili quindi a tutti per una lettura ed analisi approfondita.
Nelle pagine del Pitch la startup può dimostrare:
- approfondita conoscenza del mercato;
- attenta analisi dei principali concorrenti;
- illustrare i vantaggi competitivi, l’esperienza del team e le possibili exit strategy future.
In questo modo, il potenziale investitore può valutare in maniera consapevole la propria decisione e sentirsi in qualche modo rassicurato dalle tante informazioni messe a sua disposizione per l’analisi.
D’altra parte, il livello di “alfabetizzazione” e trasparenza economico-finanziaria non può considerarsi ancora soddisfacente.
Sono infatti il 26% le startup che non danno evidenza del proprio livello di fatturato, né delle previsioni di ricavi attese, indicando con questo l’assenza di informativa economica data ai potenziali investitori.
Inoltre, sono ancora molti i Business Plan dove le proiezioni finanziarie sono esposte in maniera non strutturata, grafici senza valori numerici identificabili o con scale non appropriate.
Se quindi da un lato è apprezzabile il fatto di dare un’informativa esaustiva anche dal punto di vista economico-finanziario, dall’altro lato c’è ancora un ampio margine di miglioramento nelle modalità con cui tale informativa viene comunicata ai potenziali investitori.
3) La marginalità è un “optional”
Parlando di metriche economico-finanziare, un aspetto ostico da affrontare e discutere per le startup riguarda la marginalità.
La fase di lancio e avvio di una nuova idea imprenditoriale viene di solito accompagnata da anni di investimento e perdite operative e le campagne di Equity Crowdfunding non fanno eccezione.
Sono circa il 30% (quasi una su tre) le imprese che non forniscono informazioni in merito all’EBITDA (o Margine Operativo Lordo) realizzato o atteso.
E delle startup che esplicitano l’EBITDA nel piano industriale,il 62% presenta valori di marginalità operativa negativa per l’esercizio in cui si è aperta la campagna.
In media, tuttavia, il Business Plan aziendale prevede il raggiungimento del punto di pareggio a livello di EBITDA in media nei 18 mesi successivi, quindi entro due esercizi rispetto alla data di raccolta dei capitali.
Laddove le startup abbiano già raggiunto il pareggio operativo, gli investitori sono disposti a riconoscere valorizzazioni elevate, nella prospettiva di un futuro successo imprenditoriale e finanziario.
Il multiplo mediano che rapporta l’Enterprise Value (ossia il valore complessivo aziendale) e l’EBITDA è pari a 27,4x, ossia gli investitori valutano in media le startup 27 volte l’EBITDA registrato nell’esercizio di pubblicazione della campagna.
4) Grandi aspettative di crescita
Multipli EV/EBITDA così elevati sono senz’altro giustificati dalla prospettiva di crescita del business, che appunto ricerca nuovi capitale per sostenere i propri piani di sviluppo ed incremento del volume d’affari.
L’orizzonte temporale di previsione più diffuso negli oltre cento Business Plan analizzati è pari a tre anni. Molti (quasi il 50%) sono tuttavia i piani che si spingono fino a 5 anni di proiezioni economico-finanziarie.
Quali sono dunque le aspettative di crescita in termini di fatturato?
Il tasso medio annuo di crescita nei tre anni successi alla campagna di Equity Crowdfunding è pari mediamente a 150%. Significa che si prevede che il fatturato incrementi di una volta e mezza ogni anno.
Estendendo l’orizzonte di previsione al quinquennio successivo, il tasso medio di crescita si ridimensiona di poco, scendendo al 108% di media: ciò significa che il tasso di incremento del fatturato previsto per il quarto e quinto anno è inferiore rispetto ai primi tre esercizi.
Così come per l’EBITDA, anche il rapporto tra valore aziendale e ricavi risulta elevato rispetto a standard di mercato, registrando un multiplo mediano EV/Ricavi pari a 5,6x. Naturalmente, tale valore va letto in relazione alla fase del ciclo di vita delle imprese oggetto di valutazione.
5) Uno strumento per tanti, ma non per tutti
Quali sono i settori più seguiti ad oggi sui portali di Equity Crowdfunding?
Il 19% delle startup che ha avviato una campagna di raccolta di capitali opera nel settore digitale/web, ad esempio come sviluppatori di App e di portali web come marketplace ed altri modelli di business di “matchmaking”.
A seguire, il settore del food & beverage che comprende circa il 16% delle campagne pubblicate. Qui troviamo sia startup alla ricerca di sapori tradizionali legati al proprio territorio (produttori di vino, birra, olio. etc.), sia startup di food delivery e la possibilità di investire in innovativi sistemi di agricoltura biologica ed agritech in generale.
Numerose sono infine le startup che si occupano di prodotti/servizi legati al mondo dello sport e del medicale (inclusi lifescience e biotech) o che propongono opportunità di investimento nell’ambito dell’efficienza energetica e della green economy, tre segmenti che occupano il 24% delle startup analizzate.
Conclusioni
L’Equity Crowdfunding è per sua natura una forma di investimento a forte connotazione sociale, che coinvolge un collettivo di persone quanto più possibile numeroso.
Il taglio minimo di investimento nel capitale delle startup è solitamente fissato in 500€ e recentemente anche solo 250€, permettendo così l’accesso anche a micro-investitori.
In media, sono circa 80 gli investitori che aderiscono ad una campagna di raccolta ed in realtà tra loro vi è anche chi va ben oltre il taglio minimo, dato che il ticket medio di investimento si attesta poco sotto ai 3.000€.
Infine, un tema cruciale spesso trascurato: quale strategia di exit prospettare per questi investimenti?
La più gettonata è la possibilità di un’acquisizione da parte di un leader del settore o comunque da parte di un’impresa concorrente già affermata che voglia crescere in Italia. Il 24% delle startup esplicita inoltre la possibilità di una IPO sul mercato AIM.
Resta in ogni caso un punto interrogativo sulle tempistiche e sulle opportunità dei processi di exit/quotazione; all’investitore non resta che mantenere un orizzonte di investimento prudenzialmente lungo oltre i 5 anni.
Nota metodologica: sono state analizzate 199 campagne di Equity Crowdfunding pubblicate sulle principali piattaforme italiana (Mamacrowd, CrowdFundMe, Backtowork24, 200Crowd, WeAreStarting e Starsup. Per ciascun campagna sono stati analizzati gli importi raccolti, le valutazioni espresse pre-money (ossia prima degli apporti di capitale) e, laddove pubblicato, il Business Plan della startup ed i relativi key financials.